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Questo articolo è stato scritto da stefano stravato

Metro Roma, dove la clientela parla solo italiano

Roma, metro B, un giorno di lavoro qualsiasi.
Sto aspettando il treno da più di 15 minuti. Non è cosa abituale. Un freddo annuncio avvisa che a causa di un “guasto tecnico” il servizio è rallentato.

Punto.

Non è dato sapere quanto sia rallentato. Non viene dato alcun consiglio su scelte alternative. E soprattutto l’annuncio è dato due volte di seguito e ripetuto anche ogni minuto.

Un gruppo di persone vicino a me inizia a guardarsi facendo la faccia a punto interrogativo. Facce da nord Europa. Non comprendono gli annunci, non trovano conforto nei tabelloni luminosi e nelle TV che danno solo spot. Gli annunci sono solo in italiano.

Nei 15 minuti di attesa alzo lo sguardo dal libro che sto leggendo e ho tempo di guardare i monitor pubblicitari in banchina: tra gli spot scorgo un avviso alla clientela: c’è un pronto soccorso alla fermata Anagnina. Ottimo. Ma la domanda è: clientela a chi? Ma ancora con questa storia della clientela? Noi siamo cittadini, italiani ed europei che fruiscono di un servizio pubblico. Siamo viaggiatori. Lavoratori. Studenti. Turisti.
Clienti, no.
Anche questa è Roma Capitale.