Cominciavamo assieme la giornata. Lui verso le strade del centro e io verso la sede della BGS-Burnett. Uno sgabelletto e un violino, una borsa della Tucano. Un saluto e un buongiorno, quattro chiacchiere, Sarajevo e Napoli, ‘o sole mio e una tesi sul broadcast in ex Jugoslavia. Totò e Kustirica.
Dopo tre anni ci siamo rivisti, questa volta al ritorno, prima di mezzanotte, in chiusura di giornata. Un sorriso muto per il tempo che passa sopra i nostri mestieri.
Il blog di Quellichebravo nasceva esattamente 25 mesi fa con un post scritto da Luca De Meo. Che Fiat fosse pronta a giocare la propria partita online, in mezzo a migliaia di appassionati e in modo trasparente e aperto, era chiaro dal 3 maggio 2006, giorno in cui nacque la piattoforma 500 wants you. Il post, e poi la videointervista preparata con Marco confermarono che la strategia era molto precisa e non legata solamente ad un’auto mitica come la 500. Da quel momento in Fiat siamo diventati tutti più interactive: ogni mese leggiamo con attenzione Vox Populi e i prodotti vengono immersi subito in ambiente digitale, come si fa gettando i neonati in acqua per insegnare loro a stare a galla.
In questi giorni pensavo all’evoluzione del digital in Fiat, la settimana è passata in fretta e ieri mi sono anche beccato un febbrone da paura. Le fila del discorso si sono ricomposte per caso ritrovando un commento che Luca De Meo aveva scritto su Autoblog un mese e mezzo fa, per ringraziare i lettori che avevano premiato l’Alfa Mi.To.
Secondo me un ringraziamento è sempre gratificante, per chi lo riceve, ma anche per chi lo fa. Ringrazio Luca per tutto quello che abbiamo potuto fare assieme in questi anni e per avere concesso che l’interactive contaminasse tutta l’azienda dal profondo. Sicuramente con effetti duraturi.
Alle volte – o spesso? – non ci chiediamo come potrebbe reagire un utente alle nostre attività. Gianluca Diegoli reagisce ogni volta. La reazione sedimenta da tempo in [mini]marketing, un brand coerente e subito riconoscibile, prima blog e adesso compendio dei timori e delle opportunità di chiunque voglia esercitare e applicare il think different in un’azienda che non sia la mela.
Mi piacciono le tesi 7, 8, 10 (Maradona), 11 (raddoppio dopo 2′), 19 (il pay-off 2.0, se accade offro da bere all’autore), 55 (lo ammetto, ci sono passato anch’io e forse non ho smesso), 27 (la missione sostenibile) e 64 (vero, però dentro quelle guidelines da 1mln€, che posizionano un brand e servono un più ampio sistema di identità visiva ci andrebbe il capitolo: “Codici, regole e toni per la conversazione della Marca”, un po’ come ha fatto l’Intel di recente, forse). Intanto mi dovrei giocare ‘sti [mini]numeri al Lotto e aspettare la Bonafficiata.
Ed è anche stato un bel regalo di Natale per un paio di cari amici romani. Grazie Gianluca.
Ieri sera Eugenio mi ha invitato a vedere il documentario del suo amico Enrico Pitzianti sul poligono militare di Capo Teulada, in Sardegna. “In tempo di pace noi dobbiamo ammalarci e morire perché gli eserciti di mezzo modo facciano le loro esercitazioni militari qui, a casa nostra!” Questa frase sintetizza il senso del documentario e ha gettato tutt’altra luce su un’isola che non conosco, ma che nel mio immaginario è uno dei posti più belli del Mediterraneo. Piccola pesca è appassionante, coinvolgente e molto duro, forse anche verso le stesse vittime e la loro incapacità di fare davvero fronte comune per risolvere un problema che dura da 50 anni. E’ copyleft, dunque potete cercarlo e scaricarlo. E’ una visione molto, molto stimolante.
Negli ultimi 10 mesi ho iniziato a usare molto di meno l’auto per i miei spostamenti urbani. In realtà ho scoperto che tutti usiamo l’auto relativamente poco: in media la macchina resta ferma 23 ore al giorno (Henning Sussebach – Die Zeit)! Io posso permettermi questo lusso: vivo a 8 minuti dall’ufficio, il quartiere offre i servizi di cui ho bisogno, i collegamenti pubblici con il centro sono ottimi.
Quando usi meno l’auto percepisci di più il senso e le dinamiche della comunità urbana la quale è data non solo dai suoi punti di aggregazione, ma anche e soprattutto dai percorsi condivisi che compie per raggiungere questi punti. Un esempio di comunità urbana l’ho vissuto a Lyon durante l’intenso week end della fantastica Fête des Lumières: largo quanto le strade che percorreva, il magmatico flusso era composto da gente accomunata da cose che non t’aspetti uniscano tanto. Tutti presi dallo stupore per lo spettacolo di luci e suoni che si rinnovava a ogni angolo e piazza, oppure dalle grandi pedalate sui Vélo’v (le bici in sharing) o ancora dai sorrisi, dalle chiacchiere, e dagli itinerari scambiati spontaneamente.
Oggi facciamo soprattutto percorsi individuali e autonomi per raggiungere punti di aggregazione collettiva. Percorsi che paradossalmente ci rendono ipocomunicativi e ipoconnessi in un mondo sempre più integrato. Credo invece che i percorsi condivisi assumeranno maggiori dimensioni e investiremo molto di più in essi.
Certo, oggi viviamo un momento difficile: di ritorno a casa sono stato accolto da una dura trasmissione sulla crisi torinese.
Quello che immagino in questo contesto è una comunità urbana con un suo linguaggio specifico. Sarà sempre più uno scambiarsi pensieri, idee e azioni in modo intelligente e solidale per superare i problemi comuni, sarà un modo di coltivare il nostro senso di appartenenza e d’essere più vicini agli altri. Vivere il quartiere, trovare collettivamente soluzioni sostenibili come il riciclaggio e lo sviluppo di servizi pubblici innovativi, fare ognuno piccoli gesti per ottenere grandi risultati, come abbassare la manopola del riscaldamento magari in cambio di incentivi, dialogare con i nostri vicini per scoprire dove e come fare acquisti migliori, saranno i primi passi per affrontare questa crisi ed essere parte attiva di una comunità sempre più urbana, solidale e civile.
L’idea di comunità urbana mi fa pensare al futuro in modo positivo.
Finalmente inauguro questo spazio! E’ già da un po’ che Vicenzo e Rosario m’hanno dato le chiavi di casa e che Raffaele ha passato l’intonaco. Adesso mi sembra che tutto sia pronto. Scusate se l’ambiente risulta ancora vuoto, avrò tempo di arredarlo. Giustamente vi chiederete: cosa potremmo trovare se passassimo ogni tanto qui? Risposta: mi piacerebbe affiggere le buone idee e raccontare le situazioni che le favoriscono.